Lotte studentesche e istruzione
LOTTE STUDENTESCHE E ISTRUZIONE
Uno dei moti vi centrali che hanno animato il movimento di rivolta studentesca negli anni '60 è stata la tensione verso la formazione di esseri umani nuovi. Nel suo saggio del 1967 su "Le contraddizioni del tardo capitalismo, gli studenti antiautoritari ed il loro rapporto col Terzo Mondo", Rudi Dutschke mette bene in luce questo aspetto:
"La circostanza che la storia, sia sempre stata fatta dagli uomini, ma che finora non la si sia mai fatta coscientemente, ci rinvia alla necessità di tendere all'educazione di uomini nuovi". [1968, Rudi Dutschke e altri]
"Senza la formazione dell'uomo nuovo la rivoluzione permanente è impossibile. E così anche noi, nello scontro con il nostro sistema di dominio, dobbiamo diventare uomini nuovi". [1968, Rudi Dutschke e altri]
Ci si accorge che
"dobbiamo fare tutto di nuovo, ripensare tutto dalle fondamenta, avere il coraggio di uscire dal vecchio", [Ezra Gerhardt in, 1968, Günter Amendt]
in uno sforzo di autocoscienza che ci porti a
"comprendere con chiarezza che la porcheria che abbiamo prodotto è appunto porcheria". [Ezra Gerhardt in, 1968, Günter Amendt]
e che perciò
"bisogna disselciare e rilastricare da cima a fondo". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Emerge la necessità di un intervento e di una attività che sia
"trasformazione interiore di chi vi partecipa" [1968, Rudi Dutschke e altri]
e il bisogno di
"una rivoluzione culturale unita alla rivoluzione del sistema politico-economico". [1969, Alessandro Cavalli e Alberto Martinelli (a cura)]
Ma perché, nel corso degli anni '60, i centri di trasmissione e di elaborazione del sapere sono scossi da questa bufera di esigenze radicali che vanno al di la del chiuso di un edificio scolastico?
Una risposta ce la fornisce il Maggio francese:
"Se la rivoluzione è cominciata nelle università è perché la chiave della società è l'educazione permanente". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Da questa affermazione si può partire per una rapida digressione sull'importanza dell'istruzione ricavandone implicazioni che sono di importanza basilare per il problema della divisione del lavoro.
L'uomo come ricchezza
Fin dagli inizi della scienza economica, è stato posto l'accento, pur con toni e angolazioni diverse, sull'importanza dell'istruzione come strumento per l'incremento della ricchezza, per la minimizzazione degli sprechi nella produzione e come condizione per una più ordinata e razionale organizzazione della società.
Parlando della formazione culturale delle "categorie inferiori della popolazione", Adam Smith afferma che
"lo Stato trae vantaggio non trascurabile dalla loro istruzione", [1776, Adam Smith]
ma ne individua i benefici solo in un più quieto e decoroso vivere civile.
Con Stuart Mill l'ottica si sposta sull'incremento produttivo determinato dall'istruzione. Nell'enumerare le cause da cui dipende il grado di produttività, egli pone come terzo elemento, accanto ai "vantaggi naturali" (clima, fertilità del terreno, ecc.) e alla "maggiore energia del lavoro" (dipendente dal carattere, dai difetti e dalle buone qualità di un popolo), "la capacità e le cognizioni" presenti in una comunità.
"Che la produttività del lavoro di una popolazione sia limitata dalle sue cognizioni delle arti della vita è cosa evidente". [1848, John Stuart Mill]
Per cui
"gli effetti che le aumentate cognizioni di una collettività esercitano sull'aumento della ricchezza, richiedono poche dimostrazioni, essendo divenuti familiari anche ai più ignoranti". [1848, John Stuart Mill]
Marx, ponendo al centro del processo produttivo, quale causa del valore, il lavoro, e distinguendo tra lavoro semplice e lavoro complesso (caratterizzato da un grado più elevato di preparazione dell'operaio) evidenzia, anche se può sembrare in maniera indiretta, l'importanza economica di una forza-lavoro qualificata. A conferma di ciò, è sufficiente l'affermazione che
"di tutti gli strumenti di produzione la più grande forza produttiva è la classe rivoluzionaria stessa". [1847, Karl Marx]
Nei "Principi di economia", Marshall rileva che
"una buona istruzione ... è un mezzo importante per la produzione della ricchezza materiale". [1890, Alfred Marshall]
E più oltre arriva ad affermare che
"il più prezioso di tutti i capitali è quello investito in esseri umani"; e che "il sapere è la nostra più potente macchina di produzione". [1890, Alfred Marshall]
Per questo
"nessuna innovazione produrrebbe un aumento più rapido della ricchezza materiale quanto un miglioramento delle nostre scuole" ... "che permettesse al bravo figlio di un operaio di innalzarsi gradatamente da scuola a scuola finché non avesse ricevuto la migliore istruzione teorica e pratica che i tempi gli possano dare". [1890, Alfred Marshall]
Marshall ne trae la conclusione che
"sarà utile come semplice investimento, dare alle masse opportunità di istruirsi molto maggiori di quelle di cui possono generalmente avvalersi". [1890, Alfred Marshall]
In tempi più recenti , soprattutto a partire dagli anni '60, è emersa una serie di elaborazioni sul tema del 'capitale umano'.
Tralasciando la scuola di Chicago che pone l'accento sulla correlazione istruzione - reddito individuale, è sufficiente al nostro scopo, riprendere alcune considerazioni di Edward Denison.
Secondo Denison
"è generalmente riconosciuto che il grado di istruzione delle forze di lavoro è una delle cause che determinano il livello nonché il saggio di incremento del prodotto nazionale per addetto o per ora lavorativa".
"Il diffondersi dell'istruzione può contribuire alla crescita economica in due diversi modi. In primo luogo migliorando la qualità delle forze di lavoro a tutti i livelli professionali: si accresce così la produttività del lavoro".
lnfatti "una persona più istruita risulta generalmente più efficiente di una meno istruita. Non soltanto svolge le stesse mansioni meglio, più rapidamente e con minori controlli, ma adempie anche un maggior numero di compiti, ossia, può assumersi responsabilità che verrebbero altrimenti assolte a un livello superiore".
"In secondo luogo, accelerando il progresso tecnologico della società, grazie al miglioramento del livello di istruzione della popolazione".
Infatti, "un'istruzione migliore rende gli uomini più aperti alle innovazioni e più consapevoli delle possibilità di introdurre ulteriori miglioramenti". [1964, Edward F. Denison]
Denison cerca anche di quantificare gli incrementi nel reddito nazionale reale apportati dall'istruzione; ma ciò può suscitare perplessità per la difficoltà di condensare in cifre l'insieme degli effetti, interni ed esterni all'apparato produttivo, indotti dal fattore istruzione.
Ma, al di là di ciò, rimane il dato che
"l'incremento dell'istruzione migliora generalmente la capacità di produrre". [1964, Edward F. Denison]
Nonostante tutte queste affermazioni sulla produttività dell'istruzione rimane il fatto, constatato da Stuart Mill, che
"il valore economico della diffusione del sapere fra il popolo" è "una cosa non ancora altrettanto bene intesa e riconosciuta". [1848, John Stuart Mill]
Sul perché si sia prodotta questa contraddizione, è necessario avanzare talune ipotesi ben precise; e si cercherà di farlo riprendendo alcuni documenti redatti nel corso delle lotte studentesche ed operaie alla fine degli anni sessanta.
Tecnologia e istruzione
Come abbiamo visto precedentemente
"il moderno capitalismo ... è caratterizzato da un rapido mutamento tecnologico e da una crescita a ritmo logaritmico delle conoscenze scientifiche". [1969, Alessandro Cavalli e Alberto Martinelli (a cura)]
Questo provoca un aumento della produttività e, soprattutto, nel caso americano, la presenza di
"possibilità di raggiungere rapidamente una situazione sociale non più dominata dalla scarsità". [1969, Alessandro Cavalli e Alberto Martinelli (a cura)]
Inoltre, lo
"sviluppare nuovi processi produttivi ... presuppone l'elevamento della struttura di qualificazione della forza-lavoro al livello corrispondente". [1968, Rudi Dutschke e altri]
Perciò,
"la permanente rivoluzione tecnico-scientifica che contrassegna la nostra epoca esige dalle università e dalle scuole che esse si adattino ai mutati bisogni dell'industria la quale necessita di masse di specialisti per la produzione e la ricerca. Ciò significa un numero molto maggiore di persone che hanno concluso le scuole superiori e un numero molto più elevato di studenti universitari". [Peter Brandt in, 1968, Günter Amendt]
Si può quindi affermare che
"nella società industriale del XX secolo, l'ignoranza sarà il carattere distintivo della schiavitù". [1965, Hal Draper]
Per questo è importante agire nella scuola e sulla scuola come in tutti gli altri campi del vivere sociale.
Come rileva Rudi Dutschke,
"una dialettica rivoluzionaria dei giusti passaggi deve concepire la lunga, marcia, attraverso le istituzioni come un'attività critico-pratica in tutti i campi sociali; essa ha per meta l'approfondimento critico sovversivo delle contraddizioni , che è divenuto possibile in tutte le istituzioni interessate all'organizzazione della vita quotidiana. Non esiste più nessun ambito sociale che nella fase di rivoluzione culturale del nostro movimento abbia l'esclusivo privilegio di esprimere gli interessi del movimento complessivo". [1968, Rudi Dutschke e altri]
Per quanto riguarda la scuola, ciò vuol dire operare per cancellare la manipolazione ideologica e per coinvolgere tutti in una educazione-liberazione. Occorre però, in base a quanto si è detto, partire dal dato di fatto che
"la cultura e il libro si criticano possedendoli, non già rifiutandoli". [1969, Giorgina Levi Arian e altri (a cura)]
e "che è necessario un processo di apprendimento prima di essere in grado di realizzare un effettivo processo di presa di coscienza o, in altri termini, che le due cose si condizionano l'un l'altra". [Ilan Reisin in, 1968, Günter Amendt]
Perciò bisogna
"rifiutare la comoda critica della cultura inutile da parte di chi è saturo di cultura inutile al punto di annoiarsene a fondo". [1969, Giorgina Levi Arian e altri (a cura)]
L'accesso generalizzato anche alla scuola di stato, manipolatrice delle menti degli studenti, provocherebbe una serie di ripercussioni e di effetti contraddittori:
- innanzitutto introdurrebbe fattori di distruzione della scuola di élite e permetterebbe a molti di appropriarsi di determinate conoscenze;
- inoltre, a livello di società, ridurrebbe la legittimazione dell'autorità, in quanto sarebbe minore il divario dell'incompetenza, divario coscientemente perpetuato in modo da creare una solida giustificazione per una organizzazione sociale strutturata in maniera piramidale.
Il maggio francese esprime bene tutto ciò quando afferma che
"l'appropriazione del sapere da parte della classe dirigente ... le permette di rafforzare il suo potere economico e politico. Ciò permette di ritardare la presa di coscienza degli sfruttati". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
- infine, in prospettiva, accrescerebbe il disagio originato dal contrasto tra livelli di educazione-qualificazione raggiunti dagli individui e assenza di significati nella vita e di controllo nell'esplicazione dell'attività lavorativa. Perciò, un'analisi sulla scuola che si fermi solo al dato manipolativo di trasmissione dell'ideologia, oltre a rappresentare un'apologia della capacità di integrazione-repressione dei ceti dominanti, falserebbe la realtà passando sotto silenzio tutta una serie di potenzialità che lotte sociali e necessità produttive fanno emergere.
Al discorso, di natura quantitativa sulle opportunità offerte dalla diffusione dell'istruzione, si collega il discorso qualitativo sul tipo di istruzione richiesto dall'attuale fase produttiva e le contraddizioni ad esso connesse.
Sviluppo tecnologico e formazione culturale
"Il livello tecnologico della produzione e anche dell'amministrazione ... rende fattore di disfunzione una formazione consistente nella produzione di un sapere fisso. L'obsolescenza, sistematicamente prodotta, dei livelli di produzione tecnica appena raggiunti, e con essi del livello tecnico dell'amministrazione, ha prodotto anche l'obsolescenza di questo tipo di formazione. Questo sviluppo richiede per un numero sempre crescente di produttori e di amministratori ... una formazione la cui caratteristica maggiore deve essere la capacità di appropriarsi nel minor tempo possibile delle tecniche e dei procedimenti richiesti dal livello tecnologico". [Wolfgang Lefevre in, 1968, Rudi Dutschke e altri]
"Le forze produttive ... chiedono quale caratteristica delle forze lavorative che con queste forze devono produrre plusvalore, la liberazione da forme di conoscenza dogmatiche". [Wolfgang Lefevre in, 1968, Rudi Dutschke e altri]
"Siccome l'appropriazione di determinati procedimenti tecnici non è più il contenuto principale della formazione, e poiché è richiesta l'appropriazione dell'appropriarsi e del produrre procedimenti tecnici, la complessiva costruzione tecnica e con ciò anche l'intera costruzione sociale possono cadere nel campo di attribuzione di coloro che in questa produzione tecnica possono essere esclusivamente oggetto di consumo del capitale". [Wolfgang Lefevre in, 1968, Rudi Dutschke e altri]
Sennonché,
"l'ampliamento della sfera dell'autonomia individuale e la possibilità di una generale cooperazione sociale dei soggetti produttivi tendono a superare i principi gerarchico-autoritari del capitale ". [Elmar Altvater in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
Ma
"non si può pretendere, da un lato, una maggiore iniziativa di tutti coloro che partecipano al processo tecnico di produzione, e dall'altro rifiutare loro il diritto di determinare il processo amministrativo e direttivo". [Elmar Altvater in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
Per attenuare tale contraddizione, viene operato uno stretto controllo sulla formazione scientifica della forza-lavoro e viene attuata
"un'ampia militarizzazione della scienza e della tecnica". [Elmar Altvater in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
Per cui
"gli effetti liberatori del progresso tecnico e le possibilità di umanizzazione della società non sono utilizzati, ma costretti, al contrario, ad un'applicazione distruttiva". [Elmar Altvater in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
Ma,
"a lungo andare ... la militarizzazione della scienza e l'impedimento parziale o totale dell'iniziativa creatrice delle forze lavorative si dimostreranno ostacoli al progresso". [Elmar Altvater in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
E ciò porta a riaffermare ancora una volta che
"nella misura in cui la futura esistenza della civiltà dipende dai processi di una permanente capacità innovativa nella tecnica e nella prassi sociale una 'razionalizzazione' tecnologica e burocratica della scienza che reprime la critica e la creatività come 'fattori irrazionali' si tramuta decisamente essa medesima in irrazionalità". [Wolfgang Nitsch e altri in, 1971, Carlo Donolo (a cura)]
Il contrasto tra la qualità della formazione culturale richiesta dallo sviluppo della tecnologia per un numero sempre maggiore di individui, e la necessità, da parte del sistema di potere, di un controllo sulla forza-lavoro, si presenta dunque sotto i classici connotati del contrasto tra forze produttive e rapporti di produzione, e rende irresolubile, nell'ambito di tale sistema, ciò che viene a prodursi, vale a dire una sempre più accentuata divaricazione tra una formazione che abilita al controllo e rapporti di produzione che vogliono i lavoratori controllati e subordinati.
La condizione studentesca
Lo condizione di chi studia risulta per molti aspetti contraddittoria. Gli studenti del maggio rilevano che
"la nostra condizione di studenti non fa di noi degli sfruttati ma dei privilegiati" "in quanto noi soli abbiamo il tempo e la possibilità fisica e materiale di prendere coscienza del nostro stato e di quello della società". Noi "siamo soprattutto dei consumatori passivi ed improduttivi di beni e di cultura", "parassiti economici che pesano sulla classe operaia". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
D'altra parte però è anche vero che per certi aspetti
"la condizione dello studente e quella dell'operaio coincidono: vengono entrambi sfruttati ai fini dell'industria e impiegati nel processo produttivo". [1968, Contro la scuola di classe]
Inoltre
"la condizione odierna dello studente si definisce come cieca nella misura in cui egli non ha alcun diritto di intervento trasformativo della propria situazione". [1968, Contro la scuola di classe]
Infatti
"questa struttura scolastica differenziata subordina le esigenze dello studente come individuo alle necessità della società industriale". [1968, Contro la scuola di classe]
Per gli studenti tedeschi invece
"in quanto gruppo sociale che non si colloca ancora immediatamente nel processo di produzione, quello degli studenti medi occupa nella società una posizione che non è confrontabile con quella di alcun altro gruppo marginale". [Ilan Reisin in, 1968, Günter Amendt]
Questa contraddittoria condizione di sfruttatori-sfruttati-gruppo a sé, è frutto
"della falsa cortina stabilita arbitrariamente tra coloro che pensano e coloro che lavorano". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
La società
"ammette infatti che uomini appartenenti ad una data categoria sociale, quella degli operai, siano definitivamente mutilati delle loro funzioni intellettuali. Altri ricevono un'istruzione super-intellettualizzata che conduce ad un pauroso divario tra una cultura artificiale e la realtà sociale. Così l'università rassomiglia ad un tempio dove si riunisce una casta di iniziati". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Iniziare ad intaccare questa situazione lo si può fare col
"riconoscere l'utilità sociale dello studente e considerarlo un elemento attivo della società", facendogli "esercitare delle responsabilità" in modo da "rompere l'isolamento della cultura in rapporto ai problemi reali". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
In sostanza, uno studente deve porsi a servizio della comunità. Questo è possibile già nella situazione presente; in seguito però non dovrebbe avere nemmeno più senso individuare le funzioni pratico-sociali dello studente in quanto
"non dovrebbe neanche più esserci separazione tra la funzione di chi fa un lavoro pratico e quella di uno studente. Ogni studente deve essere ad un tempo impegnato nella pratica e nella ricerca e, inversamente, chiunque lavora dovrebbe essere ad un tempo studente e ricercatore. L'educazione permanente degli operai sotto forma di aggiornamento periodico ed il lavoro degli studenti devono rompere il muro creato artificialmente tra studenti e operai e ristabilire tra loro una comunità di azione e di pensiero". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
In questo primo approccio è manifesta la critica della frattura studenti/lavoratori. Essa prelude ad un discorso più radicale:
"Studenti, siamo fin da ora dei reali produttori di beni e di cultura, di servizi e di sapere".
"Lo studente puro è morto, lo studente serale anche. Studieremo tutti se tutti producono, consumano e studiano allo stesso tempo". "Non esiste più un problema studentesco. Quella di studente è una nozione superata in quanto tale". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Lo sbocco è uno solo
"Neghiamoci in quanto studenti". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Lavoratori-studenti
La negazione di sé studente privilegiato, prelude ad una affermazione più volte ricorrente:
"diventiamo dei lavoratori, perché tutti i lavoratori diventino dei privilegiati, persone che hanno diritto alla scelta del proprio destino". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Il 'privilegio' per tutti di autodeterminare la propria umana esistenza è dunque l'obiettivo; privilegio, in quanto tale è stato reso dalla società, mentre dovrebbe essere diritto non scindibile dalla vita del singolo. In questa affermazione, vi è da parte degli studenti, oltre la negazione morale del proprio futuro ruolo di sfruttatori, anche la presa di coscienza che un simile ruolo sta progressivamente venendo meno.
"Una volta [noi studenti] eravamo solo una piccola minoranza necessariamente integrabile. Adesso siamo una 'minoranza' troppo grande, che non è assorbibile, ma che si trova ancora nelle condizioni della vecchia minoranza. Questa è la contraddizione in cui ci troviamo noi figli di borghesi. Non ci viene più garantito il nostro futuro ruolo di sfruttatori. E questa è l'origine della nostra forza rivoluzionaria. Non lasciamocela sfuggire." [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
Ecco espressa la percezione della tendenza alla 'proletarizzazione" degli studenti e del loro ruolo potenzialmente rivoluzionario, in unione con gli operai. Si individua infatti
"una comunanza di obiettivi di fondo tra studenti ed operai, in quanto entrambi propensi ad instaurare una struttura sociale in cui l'uomo possa esprimere tutta la sua personalità". [1968, Contro la scuola di classe]
Medesimo contenuto ha l'appello del Maggio per l'unificazione, durante la lotta, di categorie umane arbitrariamente separate:
"Lavoratori: la vostra lotta è la nostra; noi occupiamo le facoltà, voi occupate le fabbriche. Entrambi ci battiamo per lo stesso scopo". [1968, Documenti della rivolta studentesca francese]
E lo scopo dei subordinati è quello di distruggere le barriere che li dividono e appropriarsi del potere di decidere della propria esistenza.
Nel caso degli studenti e dei lavoratori questi due momenti coincidono, in quanto il mezzo (unificazione dei due soggetti) coincide nella sua fase più matura con il fine (superamento della divisione manualità/intellettualità), e la conseguente appropriazione generalizzata delle capacità di direzione (autogestione) coincide con l'abolizione di ogni potere dominante.
Riferimenti
[1776] Adam Smith, La ricchezza delle nazioni, Utet, Torino, 1975
[1847] Karl Marx, Miseria della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 1971
[1848] John Stuart Mill, Principi di economia politica, Utet, Torino, 1979
[1890] Alfred Marshall, Principi di economia, Utet, Torino, 1972
[1964] Edward F. Denison in, L'istruzione come investimento. Readings, Censis, Roma, 1966
[1965] Hal Draper, La rivolta di Berkeley, Einaudi, Torino, 1966
[1968] Rudi Dutschke e altri, La ribellione degli studenti, Feltrinelli, Milano, 1968
[1968] Günter Amendt (a cura) Il movimento degli studenti medi in Germania, Einaudi, Torino, 1970
[1968] AA.VV. Documenti della rivolta studentesca francese, Laterza, Bari, 1968
[1968] AA.VV. Contro la scuola di classe, Marsilio, Padova, 1968
[1969] Alessandro Cavalli e Alberto Martinelli (a cura), Gli studenti americani dopo Berkeley, Einaudi, Torino, 1969
[1969] Giorgina Levi Arian e altri (a cura), I lavoratori studenti, Einaudi, Torino, 1974
[1971] Carlo Donolo (a cura), Per la critica. dell'università, Einaudi, Torino, 1971