AUTOMAZIONE E DIVISIONE DEL LAVORO

 


 

Come conseguenza e come causa della dinamica evolutiva nella organizzazione del lavoro, anche gli strumenti lavorativi hanno attraversato varie fasi, dall'utensile semplice a macchine sempre più complesse, fino a strutture produttive più o meno automatizzate.
Nella prima fase della rivoluzione industriale, la divisione del lavoro conduceva alla nascita di utensili che facilitassero il lavoro.
Con la scoperta della energia a vapore e delle sue possibilità di applicazione all'industria, fu conveniente raggruppare una serie di utensili in una macchina azionata dalla nuova fonte di energia.

"Più nel periodo della manifattura la divisione del lavoro era stata portata innanzi, più doveva riuscir facile agli inventori realizzare le combinazioni cinematiche capaci di sostituirsi agli organi naturali dell'uomo e avviarsi verso l'automatismo". [1946, Georges Friedmann]

La meccanizzazione, spingendo all'estremo il processo di parcellizzazione del lavoro, contiene in sé, potenzialmente, la sua stessa negazione.
Ma, per verificare la non-illusorietà di tale affermazione è necessario
- definire meglio il significato e la portata dell'automazione (definizione)
- analizzare i motivi che ne accelerano e quelli che ne ritardano l'introduzione (applicazione)
- vederne i riflessi sulla qualificazione dei lavoratori e quindi sul problema della divisione del lavoro (qualificazione).
 

Definizione

Con la parola automazione si viene ad indicare

"uno sviluppo tecnico che sostituisce con le macchine la manodopera umana nelle fabbriche e negli uffici". [1956, Friedrich Pollock]
"Metodologicamente, il principio fondamentale dell'automazione è l'integrazione dei singoli processi della produzione finora discontinui in un processo complessivo continuo, concatenato, che viene eseguito per mezzo di sistemi combinati di macchine speciali e di macchine utensili di estrema precisione tecnica, e viene diretto e sorvegliato da apparecchi elettronici". [1956, Friedrich Pollock]

Ed è appunto attraverso lo sviluppo di apparecchiature elettroniche (prima fra tutte l'elaboratore) e il perfezionamento della teoria matematica dei processi di comunicazione, che e stata resa possibile l'introduzione del metodo dell'autoregolazione dei procedimenti lavorativi attraverso il feedback (feedback = retroazione).
Ciò vuol dire che, mentre

"nella produzione non automatica la regolazione è operata dall'uomo, che utilizza i propri organi sensoriali per controllare il lavoro della sua macchina e la qualità dei prodotti per decidere in base a ciò quali correzioni sono necessarie" [1956, Friedrich Pollock]

nella produzione automatica la regolazione avviene attraverso strumenti elettronici che fungono da "organi sensoriali", comunicando le eventuali correzioni ad altri apparecchi che intervengono a seguito dello stimolo ricevuto. Per questo Sam Lilley definisce l'automazione come

"l'introduzione o l'uso di macchinario e di procedimenti ... che eliminano in larga misura, il lavoro umano ed il circostanziato controllo umano". [1957, Sam Lilley]

E quest'ultimo aspetto è ciò che

"distingue l'automazione dalla mera meccanizzazione". [1957, Sam Lilley]


Applicazione

"L'automazione dei processi produttivi è la naturale continuazione ed estensione della rivoluzione industriale". [1963, Herbert Simon]

Friedmann illustra bene questo concetto mostrando l'interconnessione esistente tra parcellizzazione, meccanizzazione e automazione .

"Una volta, che la divisione del lavoro ha tracciato i lineamenti delle operazioni parcellari, e là dove le condizioni che rendono vantaggiose ai detentori dei mezzi produttivi questa innovazione sono riunite, le nuove tecniche permettono di aggiungere al motore umano determinati meccanismi artificiali". [1946, Georges Friedmann]

E Lilley afferma:

"una volta che un'operazione produttiva sia stata ridotta ad una forma in cui il lavoratore debba agire unicamente come una macchina, non vi sono più difficoltà tecniche per fare un passo ulteriore, che consista nella sostituzione di una macchina fatta di carne e sangue, con una fatta di acciaio ed olio, nel rendere cioè il processo produttivo interamente automatico". [1957, Sam Lilley]

Se l'automatismo può innestarsi su principi tecnologici elementari, esso però, organicamente,

"appare e matura in una fase infinitamente più ricca di tecniche diverse, quella della seconda rivoluzione industriale, utilizzante le nuove forme di energia e i dispositivi più delicati per sostituirli ai gesti ed ai sensi dell'uomo (contatti elettrici, cellule fotoelettriche, ecc.". [1946, Georges Friedmann]

Dall'automatismo applicato a procedimenti lavorativi semplici, si passa via via all'automatizzazione di processi più complessi attraverso macchine a programma controllato a cui le istruzioni, trasmesse nella forma del nastro perforato, permettono una certa flessibilità nella produzione (correzioni, cambiamenti nel tipo dei prodotti , ecc.).
Secondo Friedmann

"il progresso dell'automatizzazione trova i suoi limiti, ad un certo punto della storia, nella complessità delle operazioni intellettuali che si sviluppano nel corso di un lavoro industriale. È inoltre limitato teoricamente dallo stato del progresso tecnico: limiti oggi notevolmente spostati dallo sviluppo delle scienze fisico-chimiche." [1946, Georges Friedmann]

Ma per quanto riguarda le difficoltà dell'automazione connesse alla complessità delle operazioni intellettuali, è bene non esagerarne la portata.
Le tecniche di simulazione del pensiero umano, sempre più affinate, fanno sì che, in teoria,

"le possibilità che un calcolatore risponda in modo adattivo, flessibile e razionale ai problemi posti da un determinato ambiente, non sono né più limitate né più ampie di quelle di un uomo". [1963, Herbert Simon]

Inoltre,

"con la programmazione euristica (formulazione di programmi attraverso l'elaborazione automatica dei dati) stiamo acquistando la, capacità tecnica di automatizzare il processo decisorio non programmato". [1963, Herbert Simon]

Pur accettando l'esistenza di limiti tecnici all'introduzione di processi automatici, le remore maggiori all'automazione sembrano essere di natura economica.

"La storia delle tecniche prova che in molti casi, le macchine sono state ignorate o momentaneamente lasciate da parte perché il lavoro manuale rimaneva più proficuo per gli industriali, indipendentemente dalle difficoltà delle operazioni così mantenute". [1946, Georges Friedmann]

Dunque

"l'automazione viene introdotta in primo luogo come un mezzo per risparmiare sui costi del lavoro". [1957, Sam Lilley]

È per questo che tutte le variabili che determinano il costo del lavoro influiscono sul processo di automazione.
Ruolo dei lavoratori è, in questo caso, la scelta strategica di quelle variabili che, sollecitando l'introduzione dell'automazione, tengano conto e si riflettano anche su realtà esterne alla fabbrica, migliorando la vita egli individui.
Per scendere nel concreto, mentre una strategia, di lotta basata principalmente sul salario rappresenterebbe, nella realtà di un mondo produttivo in via di automazione, un fatto regressivo (lavoro per pochi ad elevati livelli salariali), ben più centrale risulta la lotta per la riduzione progressiva della giornata lavorativa, che in quanto costo del lavoro, si rifletterebbe positivamente sul ritmo di introduzione dell'automatizzazione; e in quanto entra, in contrasto con la necessità di un rapido ammortamento e di un maggior utilizzo degli impianti, si rifletterebbe positivamente come ampliamento del numero degli occupati e del potere contrattuale dei lavoratori.
Alla riduzione progressiva dell'orario di lavoro ed alla generalizzazione del lavoro stesso, si collega inoltre la possibilità di utilizzo del tempo libero come tempo impiegato per lo sviluppo armonico della personalità
 

Qualificazione

Riguardo al problema della qualificazione, bisogna distinguere nettamente tra processi meccanizzati e processi automatizzati. Infatti,

"più ci si avvicina all'automatismo - senza tuttavia pervenirvi - più la parte di lavoro lasciata all'uomo appare svuotata, in sé stessa, di qualunque interesse intellettuale o tecnico: non sussistono che operazioni ripetute e molto semplici, prefiguranti quelle della macchina che presto o tardi le sostituirà". [1946, Georges Friedmann]

Quindi, quando si parla del rapporto automazione-qualificazione, è necessario valutare a quale livello tecnologico ci si riferisce perché lavorazioni  semi-automatiche o di apparente automazione che dal punto di vista della qualificazione

"esprimono forme bastarde a cavallo fra i mestieri tradizionali e le nuove qualificazioni, sembrano le più pesanti, e più antitetiche allo sviluppo armonioso e all'equilibrio del soggetto". [1946, Georges Friedmann]
"I lavori più faticosi sembrano dunque quelli in cui, per ragioni che possono essere diversissime, l'automatismo si è, per così dire, fermato a metà strada". [1946, Georges Friedmann]

È quindi necessario analizzare cosa si intenda per qualificazione e verso quale tipo di qualificazione porti l'automazione.
Se con il termine qualificazione si definiscono le abilità di cui andava fiero un tempo l'artigiano o, in epoca più recente, una ristretta schiera di lavoratori manuali, ad alto livello di specializzazione, allora l'automazione porta alla dequalificazione.
Inoltre, se per qualificazione si intende la messa in luce delle professionalità impiegatizie, allora l'automazione va in senso contrario.
Anzi, le prime fasi di automazione che hanno invaso gli uffici presentano una caduta dello status sociale e della professionalità degli impiegati ed una loro omogeneizzazione, almeno dal punto di vista della natura del lavoro, con taluni lavoratori manuali.
La fase di più compiuta automazione sembra invece prospettare un nuovo tipo di qualificazione.
Infatti, ciò che l'automazione sembra richiedere, è una cultura di base, un adattamento ai cambiamenti tecnologici, la fine delle rigide specializzazioni e la messa in luce di capacità intellettuali e manuali polivalenti.

"Dalla manodopera si pretenderà in misura crescente che disponga di qualità tecniche ed umane molto precise, che si possono caratterizzare come segue: una scolarità media molto superiore a quella attuale, le conoscenze scientifiche e tecniche più elementari, una buona ricettività, senso di responsabilità e grande adattabilità a situazioni nuove ed impreviste". [1956, Friedrich Pollock]
"Nella fase dell'automazione, le macchine si assumono un gran parte dello stupido e faticoso lavoro di routine, così come, dall'inizio dell'industrializzazione, hanno sottratto all'uomo una parte del lavoro fisico pesante". [1956, Friedrich Pollock]

La tendenza ad una semplificazione del lavoro manuale attraverso la fase della meccanizzazione, sembra proseguire con una semplificazione del lavoro intellettuale attraverso la fase dell'automazione. Soprattutto l'elaboratore elettronico elimina tutta una serie di sforzi intellettuali e riconduce la funzione umana a quella di direzione dell'insieme del processo sociale.
A questo riguardo è da tener presente che

"quasi tutta l'automazione richiede aumentate capacità tecniche per la manutenzione nelle sue prime fasi, ma più l'automazione procede, meno quelli che dirigono il sistema automatizzato devono sapere dei dettagli del meccanismo. L'autista di una automobile del 1960 necessita di una conoscenza minore di ciò che si trova sotto il cofano rispetto, invece, all'autista di una automobile del 19l0". [1963, Herbert Simon]

Infatti

"gli elaboratori si autoprogrammeranno in misura sempre maggiore" e "il compito di comunicare con il calcolatore diventerà sempre meno tecnico man mano che si avvicina alla trattazione delle irregolarità della lingua naturale". [1963, Herbert Simon]

E quindi

"l'intervento consisterà sempre più in una progettazione dell'insieme stesso - programmazione - e sempre meno in una partecipazione alla sua attività operativa, minuto per minuto". [1963, Herbert Simon]

"In questi spostamenti dell'accento dalla mansione al processo produttivo, il ruolo del lavoratore passa da quello di fornitore di abilità, a quello di controllore responsabile, e, in questo senso, cresce pure l'ampiezza delle sue operazioni. La tecnologia del processo continuo inverte in tal modo la tendenza di fondo verso una maggiore divisione del lavoro e una più accentuata specializzazione". [1964, Robert Blauner]

Volendo, a questo punto, costruire una rozza scala delle caratteristiche del lavoro nel corso degli ultimi secoli, possiamo così formularla:
- lavoro nella fase artigianale: l' individuo compie tutte o quasi tutte le fasi di lavorazione di un prodotto;
- lavoro nella fase della meccanizzazione: l'individuo si concentra su di un atto lavorativo ripetitivo;
- lavoro nella prima fase dell'automazione: si accrescono i compiti di manutenzione e di sorveglianza delle macchine;
- lavoro nella seconda fase dell'automazione: l'essere umano, con l'ausilio dell'elaboratore, viene ad assumere compiti di pianificazione generale.
La prospettiva d'insieme si ricostruisce ad un livello molto più elevato: dal prodotto dell'artigiano (micro-controllo) alla produzione nel suo complesso e alle scelte generali di sviluppo (macro-controllo). A questo punto si ha

"la possibilità di sostituire l'antica divisione del lavoro con un'organizzazione cosciente di cooperazione umana, in cui il lavoratore non è più escluso dalle attività direttive, l'applicazione della scienza è la funzione generale e primaria, sparisce il solco tra forze intellettuali di produzione e manodopera, tra attività fisiche e mentali" e "infine, ciascuno e tutti possono affermarsi attraverso una capacità creativa, quale che sia la forma che essa assume". [1968, Radovan Richta]

E Lilley, riporta l'affermazione, più volte sentita nel corso della sua ricerca,

"secondo cui l'automazione rappresenta un altro passo avanti verso la fine della divisione fra il lavoro manuale e quello intellettuale". [1957, Sam Lilley]

E, "man mano che l'automazione progredirà noi potremo andare avanti verso un mondo in cui sia abolito ogni lavoro servile, ogni lavoro ripetitivo, ogni lavoro che richieda soltanto abilità manuale; verso un mondo in cui tutti avranno un lavoro che consentirà loro di usare pienamente le loro capacità manuali ed intellettuali". [1957, Sam Lilley]
 

Lo sviluppo equilibrato

Con l'automazione si dà la possibilità di centralizzare o decentralizzare il processo decisionale. Ogni individuo o piccolo gruppo può essere centro a cui arrivano e da cui partono informazioni e decisioni in rapporto coordinato con altre unità. Questo, soprattutto perché la velocità con cui una quantità notevole di dati può essere fatta propria ed elaborata dal maggior numero di persone, permette un controllo (al centro e/o all periferia) in altri tempi macchinoso o impraticabile.
Ma, la risoluzione dell'alternativa centralizzazione/decentralizzazione decisionale, dipenderà in ultima istanza, dalla capacità acquisita progressivamente da parte dei lavoratori dipendenti nel padroneggiamento di dati e nel loro utilizzo razionale.
In ogni caso, la decentralizzazione è necessaria perché l'impresa automatizzata richiede una maggiore integrazione-responsabilizzazione.
Infatti,

"in una produzione a processo continuo gli errori sono estremamente costosi per cui, in questo tipo di tecnologia, la responsabilità viene a costituire il requisito maggiormente richiesto ai lavoratori"; [1964, Robert Blauner]

Inoltre,

"vi è una, sensibilità di gran lunga maggiore della produzione automatica agli scioperi perché basterebbe cessare il lavoro in una piccola sezione di una fabbrica automatizzata per arrestare tutto il complesso". [1956, Friedrich Pollock]

Perciò

"il controllo collettivo operato dai gruppi di lavoro diventerà probabilmente sempre più importante in molte industrie, oltre a quelle del processo continuo, in quanto la responsabilità di gruppo costituisce il risultato naturale dei processi integrati connessi con la tecnologia automatizzata in sé". [1964, Robert Blauner]

Inoltre,

"l'automazione capovolge un'altra tendenza di lungo periodo: quella verso l'aumento delle dimensioni di fabbrica, modificando così l'intera struttura organizzativa. Ogni riduzione nel numero dei dipendenti nelle operazioni di fabbrica è dovuta in parte all'automazione e in parte alla consapevole politica di decentramento dell'azienda". [1964, Robert Blauner]

Come afferma Pollock

"nella misura in cui la decentralizzazione si propone di mettere un freno all'agglomerazione di una massa sempre più numerosa di lavoratori e di impiegati in una fabbrica, il sistema di produzione automatica, col suo minore fabbisogno di manodopera e la sua larga indipendenza dalla tradizionale fissità di localizzazione rende grandi servizi". [1956, Friedrich Pollock]

Infine

"la limitazione della grandezza delle aziende fornisce una serie di vantaggi di carattere sociologico. La limitazione del personale a circa settecento persone permette di trasferire le aziende in località minori, che non conoscono i problemi di trasporto delle grandi città". [1956, Friedrich Pollock]

L'automazione, come rappresenta punto di inversione della tendenza alla progressiva parcellizzazione del lavoro, così essa rappresenta anche punto di svolta nei confronti del gigantismo industriale.
E, anche se all'inizio i grossi impieghi di capitale richiesti dai macchinari automatici favoriscono le grandi imprese, tuttavia

"la tendenza alla costruzione di macchinari 'flessibili' e di calcolatori più piccoli, molto efficienti, ma che costano solo una piccola parte del prezzo odierno, fa supporre che l'introduzione di sistemi di produzione automatica, diventerà redditizia anche per aziende di media grandezza". [1956, Friedrich Pollock]

Queste tre potenzialità di
de-centralizzazione: autogestione delle unità produttive;
de-concentrazione: formazione di più ridotte e dinamiche unità produttive;
de-centramento: sviluppo delle unità produttive su tutto il territorio;
tra di loro intimamente interconnesse, legate al problema più generale della divisione del lavoro, sono tendenze che l'automazione contribuisce a suscitare ma la cui messa in atto dipende dalla acquisizione e affermazione di capacità gestionali da parte dell'insieme dei lavoratori.

 


 

Riferimenti

[1946]  Georges Friedmann,  Problèmes humains du machinisme industriel, Gallimard, Paris, 1946
[1946]  Georges Friedmann,  Problemi umani del macchinismo industriale, Einaudi, Torino, 1971

[1956]  Friedrich Pollock,  Automazione,  Einaudi, Torino, 1970

[1957]  Sam Lilley,  Automazione e progresso sociale, Editori Riuniti, Roma, 1957

[1963]  Herbert Simon,  Direzione d'impresa e automazione, Etas Kompass, Milano, 1968

[1964]  Robert Blauner,  Alienazione e libertà, Franco Angeli Editore, Milano, 1971

[1968]  Radovan Richta e altri,  Civiltà al bivio, Franco Angeli Editore, Milano, 1972

[1969]  John Diebold,  L'uomo e il calcolatore, Franco Angeli, Milano, 1972

 

 


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