Rivoluzione industriale e meccanizzazione

RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E MECCANIZZAZIONE

 

Nella sua opera principale "Economia delle macchine e delle manifatture", Charles Babbage manifesta il suo entusiasmo per la scienza e mostra la notevole dinamica di innovazioni tecnologiche che il suo tempo produceva:

 

"quando si esaminano le varie operazioni delle manifatture è impossibile il non riconoscere che i progressi delle arti e dell'industria in Inghilterra si trovano intimamente legati con quelli delle più elevate scienze, e che ogni nuovo passo nella strada dei perfezionamenti industriali tende a stringere sempre più questi legami". [1832, Charles Babbage]

 

Il collegamento scienza-industria è reso visibile materialmente soprattutto dalla presenza e dal continuo rinnovarsi delle macchine.

Trattando della manifattura Andrew Ure ne individua il carattere dominante appunto nella presenza delle macchine per cui essa si definisce come

 

"ogni grande produzione dell'arte ottenuta per mezzo di macchine e che esiga poca o nessuna manodopera". [1835, Andrew Ure]

 

Ne deriva perciò che

 

"la più perfetta manifattura è quella che può interamente fare a meno del lavoro manuale". [1835, Andrew Ure]

 

Nell'epoca in cui Ure scrive, sono stati fatti notevoli passi avanti riguardo agli strumenti di produzione e all'organizzazione del lavoro, rispetto agli inizi della Rivoluzione Industriale. Infatti mentre prima si assegnava a ciascuna operazione lavorativa un operaio scelto in base alla sua abilità, ora

 

"la distribuzione o piuttosto l'adattamento dei lavori alle differenti capacità individuali entra ben poco nel piano di operazione delle manifatture meccanizzate". [1835, Andrew Ure]

 

Anzi,

 

"dovunque un qualsiasi procedimento esiga molta abilita e una mano sicura, lo si toglie al braccio dell'operaio troppo abile e perciò spesso incline a irregolarità di vario genere per affidarlo ad un meccanismo particolare, la cui operazione automatica è così ben regolata che anche un fanciullo la può sorvegliare". [1835, Andrew Ure]

"Il principio del sistema automatico, dunque, sta nel sostituire l'arte meccanica alla mano d'opera e di sostituire la divisione del lavoro tra gli artigiani con l'analisi di un procedimento nei suoi principi costitutivi. Secondo il sistema dell'operazione manuale, la mano d'opera veniva ad essere, ordinariamente, l'elemento più costoso di qualsiasi prodotto; ma, con il sistema della meccanizzazione, i talenti dell'artigiano vengono progressivamente sostituiti da semplici sorveglianti di macchina". [1835, Andrew Ure]

 

Il motivo sottostante a tale evoluzione nelle tecniche produttive, ce lo fornisce lo stesso Ure affermando che

 

"Il grande obbiettivo dell'odierno padrone di manifattura è ... di combinare la scienza con i suoi capitali in modo da ridurre il compito dei suoi operai all'esercitare la loro vigilanza e la loro prontezza; facoltà che possono essere molto ben perfezionate anche in maestranze giovani, quando siano fissate su di un solo oggetto". [1835, Andrew Ure]

 

E questo perché

 

"la debolezza della natura umana è tale che più l'operaio è abile più diventa ostinato e intrattabile, e di conseguenza meno è adatto a un sistema meccanizzato, al cui insieme le sue bizzarrie possono arrecare un danno considerevole". [1835, Andrew Ure]

 

L'aspetto centrale da rilevare è che la razionalizzazione tecnologica viene assai spesso ad essere la risposta del padrone della manifattura all'operaio 'abile', vale a dire dotato di un certo tipo e livello di capacità manuali ed intellettuali e per questo maggiormente in grado di rendersi conto della propria condizione di sfruttato e della propria forza contrattuale; a seguito di ciò egli può diventare "ostinato e intrattabile" cioè insofferente nei confronti della organizzazione del lavoro nella manifattura.

Più avanti Ure precisa meglio il rapporto esistente tra rifiuto operaio dello sfruttamento lavorativo e introduzione di macchine sostitutive della forza-lavoro.

Infatti, egli afferma che, quando

 

"nei filatoi in grosso per i calicots, fustagni ed altri grossi tessuti, gli operai hanno abusato eccessivamente dei loro privilegi, dettando legge ai padroni", questi "ricorsero ai celebri macchinisti di Manchester, Sharp and Company, pregandoli di applicare il talento inventivo del loro socio Mr. Roberts alla costruzione di una mull-jenni automatica, al fine di liberare la loro industria dalla vergognosa schiavitù e dalla rovina che la minacciava". [1835, Andrew Ure]

"È sotto l'influenza oppressiva di tali considerazioni dispotiche", - (Ure si riferisce alle lotte operaie contro il dispotismo padronale) - "che l'apparecchio automatico per le operazioni della tintura e della lavatura è stato inventato". [1835, Andrew Ure]

 

E allora

 

" 'l'uomo di ferro', come gli operai con ragione lo chiamavano, venne fuori dalle mani del nostro moderno Prometeo al comando di Minerva, creazione destinata a ristabilire l'ordine fra le classi industriali, e a conservare alla Gran Bretagna l'impero supremo nell'industria cotoniera". [1835, Andrew Ure]

 

Ciò che emerge in maniera ulteriormente chiara è che la dinamica tecnologica è legata soprattutto all'impulso di conservazione di una funzione egemonica da parte della classe dominante nei confronti dei subordinati.

E che

 

"quando il capitale arruola al suo servizio la scienza, la mano ribelle dell'industria impara sempre a divenire ubbidiente". [1835, Andrew Ure]

 

Ma il cambiamento tecnologico, se permette di aggiornare e di consolidare gli strumenti di dominio dei padroni, introduce spesso nuove variabili, potenzialmente liberatorie e disalienanti per la forza-lavoro. Infatti, mentre

 

"nell'ambito del sistema delle gradazioni del lavoro, bisogna fare un apprendistato di parecchi anni prima che l'occhio e la mano divengano abbastanza abili per compiere certi tours de force in meccanica, ... nell'ambito del sistema che decompone un procedimento industriale riducendolo ai suoi principi costitutivi e che ne sottomette le singole parti al funzionamento di una macchina automatica, si possono affidare queste stesse parti elementari a una persona di ordinarie capacità, dopo averla sottoposta semplicemente a un breve tirocinio e si può anche, in caso di urgenza, far passare questa persona da una macchina all'altra a volontà del direttore dello stabilimento. Tali mutamenti sono in aperta opposizione con l'antico modo abitudinario di divisione del lavoro, modo che assegna ad un operaio il compito di modellare la testa di uno spillo e a un altro quello di aguzzarne la punta, lavori tutti che, con la loro noiosa uniformità, finiscono con lo snervare la manodopera, ed a cui è condannata per tutta la vita". [1835, Andrew Ure]

 

Anche in questo caso siamo di fronte al sorgere di una serie di nuove contraddizioni e di nuove potenzialità.

Infatti, se, come rileva Ure

 

"lo scopo costante e la tendenza di ogni perfezionamento del meccanismo è quello di sopprimere interamente l'opera dell'uomo o diminuirne il prezzo sostituendo il lavoro delle donne e dei fanciulli a quello dell'operaio adulto, o il lavoro di operai grossolani a quello dell'abile artigiano",

 

al tempo stesso si verifica anche che

 

"lo scopo e l'effetto continuo dei progressi della scienza delle manifatture ... tendono a sollevare l'operaio dalle minuziose pratiche che spossano il suo spirito e faticano la sua vista, o dagli sforzi penosi e ripetuti che storcono o logorano il suo spirito". [1835, Andrew Ure]

 

Cosicché, creazione di un esercito di riserva di disoccupati, dequalificazione e conseguente riduzione di potere contrattuale della forza-lavoro, si mescolano con il venir meno di specializzazioni produttrici di idiotismo e con le possibilità disalienanti derivanti dall'introduzione delle nuove macchine.

Ure insiste soprattutto su questi ultimi aspetti quando afferma che con

 

"il sistema automatico le facoltà dell'operaio non vanno soggette che ad un esercizio gradevole; egli è raramente sopraffatto dalla fatica o dall'ansietà, può godere molti momenti di riposo, sia per ricrearsi, sia per meditare senza nuocere agli interessi del suo padrone o di sé stesso. Non dovendo che sorvegliare l'andamento di un meccanismo ben regolato, può impararlo in poco tempo; e quando si trasferisce al servizio di un'altra macchina, varia il suo compito e svolge le sue idee riflettendo sulle generali combinazioni che risultano dal suo lavoro e da quello dei suoi compagni. Così quella costrizione delle facoltà, quella restrizione delle idee, quello di stato di malessere del corpo, che sono stati attribuiti non a torto alla divisione del lavoro, non possono verificarsi, in circostanze ordinarie, sotto il regime di una eguale distribuzione dei lavori". [1835, Andrew Ure]

 

A questo punto però è indispensabile chiarire che "eguale distribuzione dei lavori", tutti egualmente semplici e privi di contenuto intellettuale, se significa superamento dell'idiotismo delle specializzazioni, ci fa rimanere però sempre nell'ambito dell'idiotismo e della divisione manuale/intellettuale. Perché non fosse così, alla semplicità del lavoro di sorveglianza dovremmo unire la complessità del lavoro di coordinamento e di direzione; solo così si potrebbe realmente affermare che nella fabbrica automatizzata

 

"il dogma scolastico della divisione del lavoro secondo i diversi gradi di abilità è stato infine superato dai nostri manifatturieri illuminati". [1835, Andrew Ure]

 

E che non siano soltanto i "manifatturieri illuminati" ma soprattutto l'acquisizione di conoscenze e lotte dei lavoratori a formare le condizioni per il superamento della divisione del lavoro, questo non ha bisogno di essere precisato.

Marx, riprendendo ne "La miseria della filosofia" i passi di Ure sopra citati, accoppia anch'egli il superamento della specializzazione con la tendenza verso uno sviluppo integrale e polivalente dell'individuo. Ed è in questa tendenza che possiamo vedere gli aspetti positivi e progressivi della meccanizzazione.

Per cui, la strada della dequalificazione-despecializzazione viene ad essere il cammino da percorrere e da superare nella prospettiva dello sviluppo onnidimensionale dell'essere umano. Mentre sarebbe romanticheria reazionaria richiamarsi al lavoro passato dell'artigiano, come fa Proudhon, che "propone all'operaio di fare non soltanto la dodicesima parte di uno spillo, ma tutte le dodici parti successivamente" di modo che "l'operaio arriverebbe così alla scienza e alla coscienza dello spillo". [1847, Karl Marx]

Perché non è certo in questo ritorno al passato la via per il superamento dell'alienazione. Anzi, al contrario, è assodato che

 

"ogni artigiano medievale era interamente preso dal suo lavoro, aveva con esso un rapporto di soddisfatto asservimento ed era sussunto sotto di esso assai più del lavoratore moderno, per il quale il suo lavoro è indifferente". [1845, Karl Marx - Friedrich Engels]

 

Inoltre, la meccanizzazione, anche se determina uno stato più acuto di alienazione nel lavoratore e un furto più grande perpetrato ai suoi danni, porta tuttavia ad una maggiore produttività indotta dallo sviluppo delle forze produttive.

Come rileva Marx nel III libro del Capitale

 

"Uno degli aspetti in cui si manifesta la funzione civilizzatrice del capitale è quello di estorcere questo pluslavoro in modo e sotto condizioni che sono più favorevoli allo sviluppo delle forze produttive, dei rapporti sociali e alla creazione degli elementi per una nuova e più elevata formazione, di quanto non avvenga nelle forme precedenti della schiavitù, della servitù della gleba, ecc. Ciò porta ad uno stadio in cui da un lato sono eliminate la costrizione e monopolizzazione dello sviluppo sociale (compresi i suoi vantaggi materiali ed intellettuali) esercitate da una parte della società a spese dell'altra; dall'altro lato questo stadio crea i mezzi materiali e l'embrione di rapporti che rendono possibile combinare questo pluslavoro di una più elevata forma di società con una riduzione maggiore del tempo dedicato al lavoro materiale". [1894, Karl Marx]

 

L'esigenza di incremento della produttività per accrescere i profitti assume dunque un significato notevole in quanto connessa allo sviluppo delle forze produttive e alla creazione della base materiale su cui è possibile il sorgere di un più elevato modello di organizzazione sociale e produttiva.

 

"Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria. Come il selvaggio deve lottare con la natura per soddisfare i suoi bisogni, per conservare e per riprodurre la sua vita, così deve fare anche l'uomo civile, e lo deve fare in tutte le forme della società e sotto tutti i possibili modi di produzione. A mano a mano che egli si sviluppa, il regno delle necessità naturali si espande, perché si espandono i suoi bisogni, ma al tempo le forze produttive che soddisfano questi bisogni.

La libertà in questo campo può consistere soltanto in ciò, che l'uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca; che essi eseguono il loro compito con il minor possibile impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa. Ma questo rimane sempre un regno della necessità. Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane che è fine a stesso, il vero regno della libertà che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa". [1894, Karl Marx]

 

Dal regno della necessità al regno della libertà attraverso lo sviluppo delle forze produttive, il relativo incremento della produttività e la progressiva riduzione della giornata di lavoro: tenendo presente tali nodi centrali della condizione operaia assume maggior significato storico-politico l'analisi delle fasi successive dell'organizzazione capitalistica del lavoro.

 


 

Riferimenti

[1832]  Charles Babbage,  On the Economy of Machinery and Manufactures, London

[1832]  Charles Babbage,  Sull'economia delle macchine e delle manifatture, Utet, Torino

[1835]  Andrew Ure,  The Philosophy of Manufactures, London

[1835]  Andrew Ure,  Filosofia delle manifatture, Utet, Torino

[1845]  Karl Marx - Friedrich Engels, L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1971

[1847]  Karl Marx, Miseria della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 1971

[1894]  Karl Marx, Il capitale (Libro III), Editori Riuniti, Roma, 1972

 

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