Nuovi modelli di organizzazione del lavoro

NUOVI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

 

Le relazioni umane ("human relations")

Le lotte e il disagio dei lavoratori che si manifestano nelle forme crescenti dell'assenteismo e dell'avvicendamento (turnover) fino al sabotaggio delle macchine; le critiche di intellettuali e tecnici contro la falsa scientificità e l'autoritarismo del modello tayloriano; tutto ciò determina una messa in discussione della cosiddetta organizzazione scientifica del lavoro che porta a un superamento sempre più generalizzato, nella teoria e nella pratica, dei principi che ne sono alla base. La revisione conduce a una nuova e diversa organizzazione del lavoro che inizia a prendere in considerazione gli aspetti

- fisio-biologici

- psico-sociologici.

Tale ripartizione ha solo valore analitico perché nella realtà

 

"è impossibile separare le attività mentali da quelle corporee nelle loro interrelazioni ed interazioni". [1929, Charles S. Myers]

 

Aspetti fisio-biologici.

Lo studio della fatica, della monotonia, delle condizioni ambientali in fabbrica (rumore, calore, ecc.) è il primo approccio al problema del lavoro operaio che tiene presente, in maniera organica, anche tutta una serie di altre variabili (malattie, infortuni, avvicendamento, assenteismo, ecc.) collegandole al livello e alla qualità della produzione. In generale, si viene a formare a partire degli anni '20

 

"la convinzione che sia necessario acquistare una conoscenza molto maggiore sugli aspetti umani dell'industria e sugli effetti che essa ha sull'uomo". [1945, Elton Mayo]

 

Per questa strada si arriva a riscoprire l'importanza del rapporto tra condizioni di lavoro e produttività e a formulare una serie di principi che, da una parte accentuano e precisano alcune prospettive aperte da Taylor, dall'altra rinnovano l'apparato tayloristico nei suoi aspetti più ascientifici. Sostanzialmente si parte dall'assunto che

 

"condizioni disagevoli faranno diminuire la produzione ovunque il lavoratore avrà un'influenza per quanto minima sulla produzione". [1929, Charles S. Myers]

 

Perciò emerge la necessità di

 

"scoprire le migliori condizioni umane possibili nei lavori professionali, che siano connesse

- alla migliore scelta di una vocazione

- alla selezione del personale più adatto

- ai mezzi più efficaci per evitare la stanchezza e la noia

- allo studio e alla messa in atto dei più validi incentivi al lavoro

- alle cause dell'irritazione, della scontentezza e dell'irrequietezza ed ai relativi rimedi

- ai migliori metodi di lavoro e di addestramento

- alla riduzione degli sforzi non necessari e delle fatiche dovuti a cattivi movimenti e posizioni

- alla illuminazione inadeguata, alla ventilazione e alla temperatura

- alla sistemazione sbagliata del materiale od alla difettosa disposizione degli impianti, dei trasporti interni o dell'organizzazione". [1929, Charles S. Myers]

 

L'attenzione al fattore umano porta a mettere in luce il rapporto esistente tra incremento della qualità e della quantità della produttività aziendale e quello della produttività sociale (es. diminuzione degli infortuni). Le variabili esaminate sono:

a) la lunghezza della giornata lavorativa

 

"ogni riduzione della giornata lavorativa porta ad una minore quantità di infortuni, di lavoro di scarto, di malattie, e di assenze". [1929, Charles S. Myers]

 

Inoltre,

 

"entro certi limiti, la riduzione degli orari di lavoro conduce ad un tale incremento di produzione oraria che la stessa produzione giornaliera ne viene incrementata". [1929, Charles S. Myers]

 

b) le condizioni dell'ambiente di lavoro (temperatura, illuminazione, rumore, ecc.)

 

"Una indagine di sei anni di lavoro in cinque fabbriche di latta, dove il calore prodotto dal metallo fuso rendeva difficile una buona ventilazione, mostrò che vi era una relazione inversamente proporzionale fra la produzione e la temperatura". [1929, Charles S. Myers]

 

c) la scelta dei metodi lavorativi

 

"L'unico modo migliore di lavorare ... è un eccellente slogan che piace molto a certi tipi di dirigenti di industria ma che purtroppo non si accorda con certi fatti accertati fisiologicamente e psicologicamente: né la muscolatura né la struttura mentale di due persone è identica. Qualunque tentativo di addestrare gli uomini nell'identico, stesso modo, è destinato a fallire, a meno che non sia imposto da una disciplina che comunque, a lungo andare, risulterebbe troppo rigida nella vita industriale".

"È senz'altro preferibile addestrare i lavoratori con larghi principi generali e scoprire il metodo di lavoro più adatto ad ogni singolo lavoratore in conformità con la sua struttura fisica e mentale". [1929, Charles S. Myers]

 

d) la scelta della professione

 

"Il più grande spreco umano nell'industria è causato dalla mancanza di un adeguato orientamento professionale. Il perfezionamento dei metodi usati per collocare l'uomo adatto nel posto adatto migliorerà indubbiamente l'efficienza dell'intero meccanismo economico".

"Sebbene il principale interesse economico dell'applicazione della psicologia professionale risieda nella migliore utilizzazione delle abilità umane disponibili, un altro buon risultato economico deriva dalla riduzione del movimento della manodopera".

"Se si affida il lavoro ad un uomo non adatto questi o lo esegue male o lo lascia presto ed in ambedue i casi, il costo della produzione viene aumentato". [1929, Charles S. Myers]

 

In sostanza, ci si rende conto, partendo dall'analisi dei fattori fisio-biologici, che una migliore attenzione prestata alla macchina-uomo e alle sue reali caratteristiche può portare ad più elevato livello di produttività.

Questa attenzione al fattore umano è presente, ad esempio, nei principi di E. Farmer sullo studio dei tempi e dei metodi:

 

"1) lo studio del tempo e dei movimenti sarà compiuto all'unico scopo di diminuire la fatica, non di aumentare la produzione. Se permette di determinare un buon procedimento di lavoro, esso provocherà anche, nella maggior parte dei casi, un aumento della produttività: ma se l'obiettivo diretto è questo, l'intera esperienza ne risulta falsata, e quella che pretendeva di essere una ricerca scientifica degenera in un volgare procedimento di intensificazione;

2) il principio fondamentale dello studio dei movimenti non è la velocità ma il ritmo: la serie migliore dei movimenti sarà non la più rapida ma la più comoda;

3) lo studio dei tempi deve servire ad analizzare un'operazione per migliorarla dal punto di vista dell'efficienza umana, non per standardizzarla e imporre lo standard basato su di essa. A parità di condizioni si lasceranno liberi gli operai di definire la serie di movimenti che giudicheranno e adotteranno come la più agevole;

4) l'analisi dei tempi e dei movimenti s'inquadra in un vasto campo di studi dell'elemento umano dell'industria e può essere condotta solo in collegamento con altri problemi fondamentali".

[1946, Georges Friedmann]

 

Quest'ultima affermazione introduce al secondo campo in cui si è indirizzata l'analisi e la riorganizzazione post-tayloriana del lavoro, vale a dire gli aspetti psico-sociologici.

 

Aspetti psico-sociologici

Se il rapporto produttività-miglioramento delle condizioni materiali di lavoro viene sempre più ad essere chiaro nelle analisi dei fisiologi e degli psico-tecnici, ciò che appare nuovo, e che il movimento delle relazioni umane evidenzia, è il rapporto esistente tra produttività e una serie di variabili psico-sociologiche quali la considerazione di sé, la creazione di gruppi informali, la libertà dal controllo, ecc., tutte ruotanti, direttamente o indirettamente intorno al problema dell'autorità nell'impresa.

Gli ideologi della classe dominante rilevano infatti che

 

"i problemi dell'assenteismo, dell'avvicendamento di mano d'opera, degli scioperi senza preavviso, mostrano che non sappiamo come garantire una collaborazione spontanea, cioè un lavoro di gruppo". [1945, Elton Mayo]

 

E si rendono conto che, in un periodo

 

"di rapido e continuo mutamento, bisogna rivedere radicalmente l'intero concetto dell'organizzazione e della disciplina sociale". [1945, Elton Mayo]

 

Alle radici di tutto il movimento delle "relazioni umane" sta dunque l'individuazione

 

"dei rapporti tra gruppi di lavoro e direzione come uno dei problemi fondamentali della grande industria". [1945, Elton Mayo]

 

In una situazione che

 

"si presenta come se la circolazione delle élites, di cui parla Pareto, fosse stata interrotta", in cui "abbiamo troppo pochi amministratori attenti al fatto che il problema che devono affrontare è umano-sociale, e non economico",

 

l'esigenza che il movimento delle "relazioni umane" riscontra è quella di

 

"una élite amministrativa che possa valutare e trattare le concrete difficoltà della collaborazione tra gli uomini". [1945, Elton Mayo]

 

Queste considerazioni sono il frutto soprattutto degli esperimenti effettuati da Elton Mayo e dalla sua équipe di ricercatori, a partire dalla metà degli anni '20 su un gruppo di sei operaie della Western Electric addette al montaggio di relè telefonici. Tale ricerca, in contrasto stridente con le ipotesi correnti, mette in luce il fatto che, variando le condizioni ambientali (migliorandole o peggiorandole) la produttività non ne viene ad essere direttamente influenzata.

Come risulta da una relazione della Western Electric,

 

"le registrazioni effettuate nel locale sperimentale mostrano un continuo miglioramento della produttività delle operaie, indipendentemente dai cambiamenti (sperimentali) effettuati durante lo studio". [1945, Elton Mayo]

 

A questo punto, la ricerca del fattore centrale che influisce sull'incremento della produttività, porta, Elton Mayo a rendersi conto che l'esperimento ha rappresentato per il gruppo di operaie

 

"un rinnovamento totale della sua situazione nella fabbrica".

"Al principio (le operaie sottoposte all'esperimento) erano timide e preoccupate, rimanevano in silenzio ed erano forse sospettose circa le intenzioni della Compagnia; in seguito il loro atteggiamento fu caratterizzato da fiducia e franchezza. Prima di qualsiasi cambiamento di programma si consultava il gruppo. Si ascoltavano e discutevano i loro commenti; talvolta le loro obiezioni erano accettate e si annullava una proposta che era stata avanzata. Nel gruppo si era sviluppato un sentimento di partecipazione alle decisioni cruciali ed esso veniva a formare una sorta di cellula sociale". [1945, Elton Mayo]

 

La conclusione che ne scaturisce, anche da parte della direzione è che

 

"dal punto di vista dell'industria c'è assai da guadagnare ad avere molto maggiori riguardi personali verso i dipendenti dei gradi inferiori". [Rapporto dell'ufficio ricerche della Western Electric in, 1945, Elton Mayo].

 

Questi maggiori riguardi significano sia, come abbiamo visto, un miglioramento delle condizioni ambientali di lavoro, sia un miglioramento del morale attraverso l'allentamento delle pressioni esterne e la ricomposizione dell'individuo nel gruppo e del gruppo nell'impresa.

 

"Si è stabilito con queste ragazze un rapporto di fiducia e di amicizia così forte che in pratica non c'è nessun bisogno di sorveglianza. Non c'è nessuna spinta, nessuna pressione di nessun genere e tuttavia si può essere certi che esse fanno tutto quello che possono". [G. A. Pennock in, 1945, Elton Mayo]

 

Come rileva Elton Mayo

 

"consultando le operaie, spiegando chiaramente la natura e gli scopi degli esperimenti che ci si proponeva di fare, accettando le decisioni delle operaie in certi casi speciali, la direzione ottenne involontariamente un successo in due importantissime questioni umane: le operaie divennero un gruppo che si autogovernava, e un gruppo che cooperava sinceramente con la direzione". [1945, Elton Mayo]

 

Il rinnovamento della funzione egemonica dei ceti dirigenti porta alla necessità di rendere il lavoratore partecipe di alcune scelte attinenti soprattutto all'esercizio della sua mansione, di attivarlo nella comprensione di ciò che fa collegandolo ai fini dell'impresa nel suo complesso, di interiorizzare il controllo e di accrescere la stima di sé.

Tutto ciò, se crea da una parte minori frizioni, almeno per un certo periodo, dall'altra accresce le aspettative, forma gruppi omogenei, costituisce piccole premesse di abilitazione al controllo nel breve raggio.

Per cui, anche se il movimento delle "relazioni umane" rappresenta, una risposta al disagio operaio tendente ad addomesticarlo in modo da permettere un innalzamento degli indici di produttività, ciò non deve far passare sotto silenzio i reali miglioramenti che la nuova organizzazione del lavoro, basata sulle relazioni umane, introduce.

Tentativi di integrazione-conservazione e crescita della conflittualità-emancipazione vengono ad essere la facce di una stessa medaglia in cui si riflette la dialettica del processo storico. Infatti, la risoluzione di un momento conflittuale introduce non solo fattori di integrazione ma anche desideri più elevati di emancipazione. La percezione solo del maggior rischio di integrazione del modello di organizzazione produttiva delle "relazioni umane" e dei suoi successivi affinamenti, potrebbe, paradossalmente, far cadere nella opzione di preferibilità del modello organizzativo precedente (il taylorismo) o di quelli ancor più anteriori, quasi che la fine della divisione del lavoro possa prodursi da un giorno all'altro avendo per causa la presenza di condizioni inumane o arretrate di vita.

Inoltre, sarebbe illusorio e falso, sia da parte di chi sostiene tali modelli organizzativi sia da parte di chi li rifiuta per paura dell'integrazione, sostenere che essi riescono ad eliminare la voglia di una maggiore emancipazione. Anzi, è proprio per porre un freno a rinnovati fenomeni di disagio operaio, che, a partire dagli anni '50, il ceto imprenditoriale si vede spinto a rielaborare il modello di organizzazione produttiva per risolvere in modo nuovo vecchi problemi di innalzamento della quantità e qualità della produzione.

 


 

Le risorse umane ("human resources")

I cambiamenti nell'organizzazione del lavoro sono, in linea di massima, cambiamenti indotti dalla presenza di situazioni di squilibrio che, provocando sollecitazioni e rotture di stabilità, spingono i ceti imprenditoriali alla ricerca di un diverso tipo di equilibrio. Negli anni del secondo dopoguerra, il raggiungimento da parte delle masse dei paesi industriali più avanzati di un relativo benessere materiale porta all'emergere di altre esigenze da soddisfare. Nella visione di Marx ed Engels

 

"la prima azione storica è ... la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della vita materiale stessa". Ma "una volta soddisfatto il primo bisogno, l'azione del soddisfarlo e lo strumento già acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica". [1845, Karl Marx - Friedrich Engels]

 

Per Douglas McGregor

 

"Allorché le esigenze fisiologiche dell'uomo vengono soddisfatte ed egli non ha più ragione di preoccuparsi per il suo benessere materiale le sue esigenze sociali divengono motivazioni importanti per il suo comportamento". [1960, Douglas McGregor]

 

Al di sopra di queste esigenze sociali che, per McGregor, riguardano soprattutto i rapporti di interazione in un gruppo omogeneo, vi sono quelle di autorealizzazione.

 

"Esse comprendono le aspirazioni ad attuare le proprie capacità potenziali, ad un continuo miglioramento di sé stessi, a poter creare, nel senso più lato del termine". [1960, Douglas McGregor]

 

Parallelamente al crescere di queste nuove esigenze, di grado sempre più elevato, si sviluppa una scolarizzazione di massa che innalza i livelli di istruzione, e a cui viene a connettersi una minore accettazione di ruoli disagiati e subordinati.

 

"Nel 1940 la percentuale di lavoratori provvisti di istruzione a livello di scuola media superiore o di college era (in U.S.A.) del 39,1%.  Intorno al 1950 essa era aumentata al 50,3% e verso il 1959 era salita al 62%". [1961, Rensis Likert]

"Man mano che i dipendenti raggiungono un maggior livello di istruzione, crescono le loro aspettative riguardo al livello di responsabilità, autorità e reddito di cui potranno godere". [1961, Rensis Likert]

 

Come afferma Robert Blauner

 

"Uno dei fattori più importanti nel determinare le aspirazioni di un individuo verso il lavoro è l'istruzione. Quanto maggiore è il grado di istruzione, tanto maggiore è il bisogno di controllo e di creatività". [1964, Robert Blauner]

 

Al contrario

 

"un basso livello di istruzione significa minore esposizione ai canali di comunicazione della società globale, quindi orizzonti culturali più ristretti, mancanza di familiarità con le altre possibili occupazioni e minori possibilità di gratificazione". [1964, Robert Blauner]

 

Se questi nuovi fattori li inseriamo nel quadro della concorrenza fra i paesi industriali del mondo, con la necessità di incrementare i tassi di produttività e di controllare una forza-lavoro perennemente insofferente, abbiamo presente la maggior parte delle variabili nell'ambito delle quali trova sviluppo l'approccio delle "risorse umane".

Possiamo trattare questo nuovo approccio sotto due ordini di problemi:

- problema della mansione

- problema della partecipazione.

 

Il problema della mansione

Come abbiamo visto precedentemente, il movimento delle "relazioni umane" aveva iniziato a vedere il lavoro non come costrizione ma come soddisfazione.

E l'imprenditore era stato costretto, dalle lotte attive (sciopero, interruzione del lavoro, ecc.) e passive (assenteismo, rallentamento dei ritmi, avvicendamento, ecc.) degli operai, a imboccare la strada dell'umanizzazione.

La teoria delle "risorse umane" accentua questo aspetto assegnando al lavoro un posto importante nella vita dell'uomo.

 

"Il dispendio di sforzi fisici e mentali durante il lavoro è cosa naturale quanto lo svago e il riposo. L'uomo medio non viene intrinsecamente disgustato dal lavoro". [1960, Douglas McGregor]

 

Ma perché sia effettivamente così bisogna rendere, in una certa misura, la mansione svolta gratificante, e non solo dal punto di vista economico.

 

"A seconda delle condizioni, peraltro controllabili, il lavoro può essere causa di soddisfazione (e sarà effettuato di buon grado) oppure assimilato ad una condanna (e sarà, nel limite del possibile, evitato)". [1960, Douglas McGregor]

 

Ne deriva quindi che mansioni proprie della produzione di massa, vale a dire quelle caratterizzate da

 

"- cadenza meccanica del lavoro

- ripetitività

- richiesta minima di abilità

- predeterminazione dell'uso di attrezzi e di tecniche

- minuta suddivisione del prodotto lavorato

- attenzione mentale in superficie, "

[1952, Charles R. Walker e Robert H. Guest]

 

devono essere ristrutturate perché ad esse viene sempre più a corrispondere un rifiuto operaio espresso in una pluralità di forme.

Walker e Guest rilevano che

 

"gli operai che svolgevano mansioni altamente ripetitive, cadenzate dal trasportatore e così via, sembravano assentarsi dal lavoro assai più spesso di quanti avevano mansioni in cui tali caratteristiche erano assenti". [1952, Charles R. Walker e Robert H. Guest]

 

Inoltre, e ciò riguarda l'avvicendamento,

 

"il numero degli operai che lasciavano le mansioni contenenti le caratteristiche proprie della produzione di massa nel loro grado più elevato, era doppio rispetto a quanti lasciavano le mansioni che si trovavano all'altro estremo". [1952, Charles R. Walker e Robert H. Guest]

 

Tutto ciò ha un costo per l'imprenditore in termini economici e gestionali.

I rimedi e le proposte concernenti la ristrutturazione delle mansioni nelle lavorazioni di massa, si richiamano ai suggerimenti che Wyatt e Fraser fornivano già nel 1929.

In uno studio sugli effetti della monotonia essi ritenevano possibile la sua attenuazione

 

"- quando durante il periodo di lavoro si cambia, tipo di attività a convenienti intervalli di tempo;

- quando il lavoro è concepito come una serie di compiti conclusi in sé stessi anziché come una attività indefinita ed apparentemente interminabile;

- quando gli operai possono lavorare in gruppi sociali compatti piuttosto che come individui isolati;

- quando vi sono opportuni momenti di riposo durante il periodo di lavoro". [1945, Elton Mayo]

 

Walker e Guest riprendono, all'inizio degli anni 1950, alcuni di questi suggerimenti; le loro proposte, riferite al lavoro alla catena di montaggio, riguardano:

 

- "l'istituzione di un periodo di riposo" che "altererebbe l'urto complessivo, sia fisico che psicologico, della cadenza meccanica sull'individuo"

- la "possibilità di costituire un maggior numero di 'mucchi' o 'scorte' di parti componenti il prodotto, motivo di soddisfazione per il lavoratore in quanto "prova visibile, tangibile e controllabile della propria realizzazione man mano che la scorta, partita da zero, assume dimensioni apprezzabili".

- la "partecipazione dei lavoratori alle elaborazioni dei metodi e dei programmi di lavoro".

- il fatto che "le mansioni sulla linea di montaggio che richiedono una attenzione mentale in superficie ("questo tipo di categoria intermedia fra il lavoro automatico 'da fare senza pensare' e il lavoro che assorbe la mente - è quella che più facilmente porta alla noia"), "vengano, se possibile, più completamente meccanizzate, cioè rese più automatiche, oppure siano arricchite e rese, con un procedimento di ricomposizione, tali da assorbire di più la mente". "In questo senso il principio è semplice. Si vorrebbe che la tecnica moderna facesse in modo che la mente venga lasciata libera di dedicarsi ad altre attività, oppure che venga assorbita, e si sfruttino in qualche modo le facoltà mentali dell'essere umano".

- una "rotazione delle mansioni" che "chiaramente significa un arricchimento nel lavoro di un individuo" e che porta a comprendere e a controllare il significato di intere fasi lavorative.

- un "ampliamento delle mansioni" che "significa semplicemente la ricombinazione in una di due o più mansioni separate". [1952, Charles R. Walker e Robert H. Guest]

 

Quest'ultima proposta contiene vari motivi di razionalità. In primo luogo, lavoratori qualificati sottoposti ad operazioni parcellari manifestano rendimenti decrescenti, in connessione con il minor grado di soddisfazione. Infatti,

 

"alcuni dirigenti di fabbrica hanno scoperto che alla parcellizzazione delle mansioni corrisponde una legge di profitti decrescenti, mentre una ricomposizione di certe parti in precedenza suddivise ha determinato un aumento di efficienza". [1952, Charles R. Walker e Robert H. Guest]

 

Inoltre, le necessità di coordinamento, di flessibilità e di rinnovamento proprie di una impresa moderna, trovano resistenza in una situazione lavorativa di estrema parcellizzazione, che determina uno stato di disfunzionalità produttiva.

Per quanto riguarda la frantumazione del lavoro siamo arrivati dunque, in alcuni casi, al giro di boa. Si prospetta allora sempre più la necessità di ricomporre nell'essere umano e nella macchina tutta una serie di frammenti lavorativi. Ciò è importante nel lungo periodo perché l'introduzione di fattori di arricchimento nel lavoro porta a imboccare una strada senza ritorno, e a innescare un processo di continua richiesta di soddisfazione derivante dal lavoro che, come tendenza potenziale, va a sfociare nella messa in discussione della divisione manuale/intellettuale.

In definitiva, alla base delle innovazioni sulle mansioni, sta il venir meno di due concetti che hanno caratterizzato l'organizzazione del lavoro a partire dalla Rivoluzione Industriale :

- la concezione dell'essere umano come "animale economico" e la percezione dell'esistenza di una serie di motivazioni che incentivano al lavoro, quali :

 

1) "i motivi dell'ego" cioè "il desiderio di svilupparsi e di raggiungere una significativa realizzazione personale in termini di valori e obiettivi propri - vale a dire l'autorealizzazione - nonché il desiderio dello status, del riconoscimento, dell'approvazione, dell'accettazione e del potere, e il desiderio di intraprendere imprese importanti e significative";

2) "i motivi della sicurezza";

3) "la curiosità, la creatività e il desiderio di nuove esperienze";

4) e naturalmente anche "i motivi economici". [1961, Rensis Likert]

 

- la (falsa) convinzione circa la presenza permanente di un rapporto tra incremento della parcellizzazione e incremento della produttività. Infatti, la parcellizzazione sempre più spinta del lavoro, si rivela oggettivamente disfunzionale in un mondo che si regge sempre più sulla cooperazione cosciente e responsabile da parte delle sue componenti (socializzazione del processo produttivo), e soggettivamente sempre meno praticabile nei confronti di lavoratori culturalmente più preparati e che, tendenzialmente, hanno sempre più la forza (in termini di consapevolezza e di sapere-potere) per opporsi a rapporti di produzione di tipo autoritario.

 

Il problema della partecipazione

Alcuni postulati organizzativi presenti, ancora in parte, nell'approccio delle 'relazioni umane', erano basati sul rifiuto, da parte del lavoratore, di assumersi responsabilità, pago solo di una buona remunerazione e della sicurezza del posto.

Il nuovo modello delle "risorse umane" parte, invece, dalle premesse che

 

"l'uomo medio impara, in condizioni opportune, non solo ad accettare, ma anche ad assumersi responsabilità. La fuga dalle responsabilità, la rinuncia all'ambizione e l'accento posto sulla sicurezza sono, in genere, conseguenze di esperienze, non caratteristiche proprie della natura umana". [1960, Douglas McGregor]

 

Inoltre, contro la convinzione della quasi 'innata' nullità del lavoratore ad esercitare funzioni di un certo livello (paradossalmente si rimprovera a chi viene trattato come bestia di comportarsi come bestia) si afferma che:

 

"la capacità di sviluppare un alto grado di fantasia, l'inventiva e la capacità creativa nella soluzione dei problemi della organizzazione si trovano ampiamente distribuite fra gli esseri umani, non sono rarità";

"nelle attuali condizioni di vita aziendale le potenzialità intellettuali dell'uomo medio vengono utilizzate solo parzialmente". [1960, Douglas McGregor]

 

Queste premesse portano ad individuare il livello di motivazione

a) nel grado di autodeterminazione e di autocontrollo del lavoratore sul proprio campo operazionale.

Infatti,

 

"nel corso di una ricerca bibliografica sulle differenze nella soddisfazione del lavoro in diversi settori professionali chi scrive (Robert Blauner) ha potuto osservare che il diverso grado di controllo esercitato dagli operai sulle loro condizioni di lavoro era il fattore più importante nel determinare dette differenze". [1964, Robert Blauner]

 

b) nell'esistenza di una concordanza, in linea di massima, tra fini dell'impresa e fini del lavoratore. Che poi le mete dell'una e quelle dell'altro siano, per certi aspetti, anche antagoniste o discordanti, ciò non toglie che l'alto grado di interdipendenza (dipendenza reciproca in senso verticale e orizzontale) proprio della organizzazione industriale moderna, costringa a continui adattamenti, indice della

 

"consapevolezza da parte dei dirigenti di una dipendenza verso il basso". [1960, Douglas McGregor]

 

Infatti si verifica sempre più che

 

"non sono solo i subordinati a dipendere da coloro che li sovrastano nell'azienda per soddisfare le loro esigenze e i loro obiettivi, ma anche i dirigenti a qualsiasi livello dipendono da tutti i loro sottoposti per conseguire sia le proprie finalità che quelle dell'organizzazione". [1960, Douglas McGregor]

 

In base a tutto ciò deriva il fatto che

 

"le persone eserciteranno l'autodecisione e l'autocontrollo nel perseguimento degli obiettivi dell'organizzazione nei limiti in cui sono responsabilizzati rispetto a tali obiettivi". [1960, Douglas McGregor]

"Dal concetto di integrazione e di autocontrollo deriva la conseguenza che l'organizzazione sarà più efficace nel perseguire i suoi obiettivi economici se verranno effettuati degli adattamenti, e di entità determinate, alle esigenze e agli obiettivi dei suoi membri". [1960, Douglas McGregor]

 

Gli adattamenti in direzione di una maggiore autonomia decisionale del lavoratore si riflettono poi positivamente sulla produttività. Come afferma Likert

 

"I dipendenti che si sentono più liberi di regolare il proprio lavoro si dimostrano più produttivi rispetto a quelli che sono privi di questo senso di libertà". [1961, Rensis Likert]

"I dirigenti che ottengono nelle loro unità elevate prestazioni, unitamente ad un senso di libertà, esercitano il loro controllo stabilendo obiettivi generali, ed impartendo meno direttive particolari di quanto facciano i dirigenti delle unità di bassa produttività". [1961, Rensis Likert]

 

Come si vede siamo totalmente al di fuori del quadro tayloristico-fordiano, di totale predeterminazione delle fasi e degli strumenti lavorativi per ogni singolo subordinato.

All'interno di questo nuovo modello organizzativo si inserisce il problema dei flussi informativi, in quanto il potere è connesso, in principal modo, alla quantità e qualità di dati e di conoscenze disponibili. Infatti

 

"la capacità di esercitare un certo grado di influenza in un'organizzazione dipende in parte dall'efficienza dei suoi processi di comunicazione". [1961, Rensis Likert]

 

Nel modello delle "risorse umane" è presente, in teoria, da parte dei gruppi di lavoro

 

"un'efficace partecipazione alle decisioni relative ai problemi comuni. Ad esempio, la partecipazione è usata per stabilire obiettivi organizzativi che costituiscano una soddisfacente integrazione delle necessità e dei desideri di tutti i membri dell'organizzazione e delle persone funzionalmente collegate con essa". [1961, Rensis Likert]

"Nell'organizzazione si riscontrano elevati livelli di influenza reciproca, e si raggiunge un alto grado di influenza coordinata". [1961, Rensis Likert]

"Da una parte all'altra dell'organizzazione si ha un flusso di informazioni pertinenti e rilevanti agli effetti di ogni decisione e di ogni azione". [1961, Rensis Likert]

"Un'organizzazione che disponesse di un sistema di interazione-influenza perfettamente operante ... sarebbe costituito da gruppi di lavoro altamente efficienti (in cui si "utilizza al massimo la capacità potenziale di ogni membro"), collegati fra loro mediante altri gruppi similari". [1961, Rensis Likert]

 

In questo tipo di organizzazione

 

"ogni membro sarebbe in grado di influire sulle decisioni e le azioni dell'organizzazione". [1961, Rensis Likert]

 

Come si può rilevare, l'ideale teorico del modello delle 'risorse umane' vede l'impresa composta da una serie di gruppi tra loro integrati funzionalmente, a elevato livello di intercomunicazione, altamente motivati nei singoli e nell'insieme, caratterizzati perciò da un alto livello di efficienza produttiva, e dotati di possibilità di influire a livello micro e macro decisionale. Inoltre, l'interessamento al fattore umano, significa un maggiore utilizzo ed una messa in luce delle risorse manuali ed intellettuali del lavoratore.

Sfrondando il modello di alcuni postulati teorici che non trovano applicazione nemmeno nelle esperienze pratiche più avanzate (ad es., il possesso di tutti i dati informativi sulla struttura aziendale), si può dire che siamo nella fase dell'arricchimento del lavoro (il suo caricarsi di nuovi valori di abilità e di intellettualità) e della riappropriazione di funzioni di controllo e di responsabilità a livello di microstruttura, (la mansione, i ritmi, la nocività, ecc.).

L'emergere del modello delle "risorse umane" è collegato allo sviluppo della rivoluzione scientifico-tecnologica e alla sempre più vasta applicazione di procedimenti automatizzati alla produzione.

È necessario quindi analizzare come, assieme all'intervento dei lavoratori e degli imprenditori, la variabile tecnologica influisca sul problema del lavoro e in particolare su quello della divisione manuale/intellettuale.

 


 

Riferimenti

[1929]  Charles S. Myers (a cura),  Introduzione alla psicologia industriale, Etas Kompass, Milano, 1963

[1939]  F.J.Roethlisberger & William J. Dickson,  Management and the Worker, John Wiley & Sons, New York, 1964

[1945]  Elton Mayo,  The Social Problems of an Industrial Civilization, Routledge & Kegan Paul, London, 1957

[1945]  Elton Mayo,  I problemi umani e socio-politici della civiltà industriale, Utet, Torino, 1969

[1952]  Charles R. Walker e Robert H. Guest, L'operaio alla catena di montaggio, Franco Angeli Editore, Milano, 1972

[1946]  Georges Friedmann,  Problèmes humains du machinisme industriel, Gallimard, Paris, 1946

[1946]  Georges Friedmann,  Problemi umani del macchinismo industriale, Einaudi, Torino, 1971

[1960]  Douglas McGregor, The Human Side of Enterprise, McGraw-Hill, New York, 1960

[1960]  Douglas McGregor, L'aspetto umano dell'impresa, Franco Angeli Editore, Milano, 1972

[1961]  Rensis Likert, New Patterns of Management, McGraw-Hill, International Edition, 1961

[1961]  Rensis Likert, Nuovi modelli di direzione aziendale, Franco Angeli Editore, Milano, 1973

[1964]  Robert Blauner,  Alienazione e libertà, Franco Angeli Editore, Milano, 1971

 

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